Una guida è necessaria?

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Una guida è necessaria?

Spesso mi viene posta la domanda: posso riuscire da solo/a a risolvere i miei problemi senza l’aiuto di un terapeuta? La risposta non può essere univoca e certo la verità è che dipende.
Ma.
Immaginiamo che i nostri problemi derivino da una sorta di personaggio che ci siamo creati e che si sia formato dai condizionamenti, modelli e richieste affettive dei nostri primi anni di vita. Immaginiamoci che da piccoli pur di essere amati siamo scesi a compromessi rinunciando in parte, o totalmente, alla nostra vera natura e che il  personaggio sia rappresentato da questo compromesso.  Che nel corso degli anni lui si sia allargato a dismisura, occupando tutto o gran parte dello spazio della nostra identità, utilizzando le strategie che ha imparato per farsi amare.

Questa nostra falsa identità ci fa vedere la realtà in un certo modo, ci fa agire determinati comportamenti e guida la nostra vita. Ci fa credere cose, ci sussurra messaggi, perché il suo unico grande scopo è esistere.

Se il nostro condizionamento riguarda  il fatto che non siamo capaci di avere successo ci convincerà a non fare nulla o ci condurrà all’autosabotaggio. Se siamo donne e  il nostro modello acquisito vede, ad esempio, l’uomo come svalutato o un pericolo da cui scappare, ci farà vivere delusioni amorose e relazioni fallimentari per confermare questa idea.

Il personaggio è “furbo”, e pur di sopravvivere ci farà illudere di essere nella direzione giusta. Anche quando soffriamo e vorremmo cambiare, lui ci propina azioni inefficaci spacciandole per cambiamento, ci fa credere che stiamo facendo qualcosa di diverso dal solito in cui cambia la forma ma non la sostanza. Ecco perché capita che anche quando siamo convinti di aver capito, di esserci trasformati, può essere sempre il personaggio che ce lo fa credere e quindi rieccoci in una situazione che ci fa soffrire anche se inizialmente sembrava che tutto fosse diverso.

Per una trasformazione che sia reale è necessario l’incontro, la presenza di uno spazio fra due persone in cui una vede oltre il campo visivo dell’altra.

Il professionista, per la propria preparazione ma soprattutto per l’ esperienza trasformativa vissuta  in prima persona, riconosce il personaggio (sa quali giustificazioni usa e, credetemi non ha molta fantasia!), non lo ascolta ma anzi lo ignora e parla direttamente alla Persona, quel nucleo di identità soffocato che giace sotto le mentite spoglie dell’attore recitante. Parla utilizzando la Presenza, la severità di un adulto incorruttibile e l’amore di un genitore che offre nutrimento. Si pone come specchio che riflette ma che non assorbe. Rimanda solo ciò che serve, ciò che è utile. E mentre questo accade,  a chi gli è di fronte la realtà inizia ad assumere contorni diversi. Il personaggio oppone resistenza, ma se il luogo dell’incontro fra lo psicologo e il paziente è potente, prima o poi lascerà la presa, in parte se non del tutto.

Ecco perché credo che una guida sia necessaria. Per non rischiare di fraintendere la presa di consapevolezza con un colloquio interiore del personaggio con se stesso, un imbroglio in altre parole. Questo cammino richiede indubbiamente tempo, pazienza e risorse economiche, ma sono certa ne valga la pena.

Dott.ssa Romina Madeddu
Psicologa a Oristano


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